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La riparazione percutanea della valvola mitralica: il sistema mitraclip

- © 2025 Asst Fatebenefratelli Sacco
12/07/2018

Nel corso degli ultimi anni, la Cardiologia Interventistica è andata incontro ad una evoluzione tumultuosa.
Dopo lo sviluppo ed il consolidamento delle tecniche di angioplastica coronarica, che in molti casi si affiancano od addirittura sostituiscono l’intervento di bypass, i cardiologi intervenzionali hanno affrontato il problema delle cardiopatie strutturali, ovvero delle malattie della struttura portante vera e propria del cuore.

IL CUORE

Il cuore è un muscolo cavo di forma complessa che ha la funzione di pompare il sangue nel circolo arterioso sistemico ed in quello polmonare.
Da un punto di vista “idraulico” si tratta di una pompa aspirante e premente, composta da quattro camere, due atri (camere “di aspirazione”) e due ventricoli (camere “di eiezione”).
Per poter funzionare correttamente con aspirazioni ed eiezioni coordinate, le camere cardiache sono separate da quattro valvole, due atrio-ventricolari (la mitrale, interposta fra atrio e ventricolo sinistri; e la tricuspide, fra atrio e ventricolo destri) e due semilunari (aortica, nel tratto di eiezione del ventricolo sinistro, e polmonare, nel tratto di eiezione del ventricolo destro).

INSUFFICIENZA MITRALICA

Da alcuni anni a questa parte, i cardiologi intervenzionali (specialisti che intervengono sul cuore e sui vasi senza accesso chirurgico diretto, utilizzando tecniche trans-catetere) sono in grado di intervenire con successo sulla valvola aortica.
Tale tecnica è diventata relativamente di routine negli ospedali più avanzati nel campo della cardiologia interventistica.

Anche alcune patologie della valvola mitralica possono essere affrontate con metodiche minimamente invasive, trans-catetere.
La patologia meglio studiata è l’insufficienza mitralica, che consiste nella mancata chiusura completa (“tenuta”) della valvola mitrale nel corso della sistole ventricolare, a causa di una malattia intrinseca della valvola o di una dilatazione delle sue strutture di sostegno, come conseguenza della dilatazione cardiaca secondaria ad infarto a cardiomiopatia.
Le conseguenze emodinamiche dell’insufficienza mitralica sono legate al reflusso di sangue dal ventricolo sinistro all’atrio sinistro durante la sistole ventricolare; parte del sangue contenuto nel ventricolo sinistro, invece di essere spinto attraverso l’aorta (in “avanti”) ritorna “indietro” nell’atrio di sinistra, determinandone un aumento di volume e di pressione.

Dall’atrio di sinistra queste modificazioni emodinamiche si ripercuotono direttamente sui polmoni, determinando mancanza di respiro (dispnea) e nei casi più gravi edema polmonare.
L’ingrandimento dell’atrio di sinistra inoltre porta alla perdita dei meccanismi elettrici di controllo della contrazione, favorendo l’insorgenza di aritmie come la fibrillazione atriale, che a sua volta peggiora la capacità funzionale.

L’insufficienza mitralica di grado moderato-severo viene tradizionalmente affrontata con un intervento chirurgico a cuore aperto, perché la malattia, oltre ad essere invalidante (determinando dispnea da sforzo, cardiopalmo, ridotta capacità funzionale) ha una mortalità elevata, pari a 5% per anno.

CORREZIONE CHIRURGICA INSUFFICIENZA MITRALICA

La correzione chirurgica dell’insufficienza mitralica può essere basata su tecniche diverse: la plastica mitralica, che consiste in una complessa riparazione della valvola; la sua sostituzione con una protesi meccanica; o la cosiddetta tecnica “edge to edge”, messa a punto da un Maestro della Cardiochirurgia italiana, il Prof. Ottavio Alfieri.
Si tratta di un intervento geniale, relativamente semplice da realizzare, nel quale i due lembi mitralici vengono uniti nelle loro porzioni centrali con un punto di sutura ( il cosiddetto “punto di Alfieri”) determinando la formazione di una valvola mitralica a doppia uscita (fig. 3.)

L’intervento viene in genere completato dall’impianto di un anello da annuloplastica, che riduce le dimensioni delle strutture di supporto della valvola. I risultati di questa tecnica, che porta alla netta riduzione del grado di insufficienza mitralica, sono molto buoni e sono stati descritti persistere anche a distanza di oltre 10 anni.

RIPARAZIONE MITRALICA PERCUTANEA

Da alcuni anni a questa parte è stata messa a punto una tecnica per effettuare la riparazione della valvola mitrale con la tecnica “edge to edge” per via percutanea, senza necessità di un intervento chirurgico tradizionale con apertura del torace, arresto cardiaco, circolazione extracorporea.
La tecnica è basata sull’impiego di una piccola protesi metallica che viene posizionata nel cuore attraverso un complesso sistema di controllo, sotto guida angiografica, radioscopica ed ecocardiografica transesofagea.

L’intervento si effettua in una sala di emodinamica od in una sala operatoria “ibrida” (dotata cioè di apparecchiature radiologiche simili a quelle del laboratorio di emodinamica).
Il paziente è in anestesia generale; una sonda per ecografia trans-esofagea è posizionata nell’esofago e permette di visualizzare, anche in tre dimensioni, le strutture dell’atrio sinistro e della valvola mitralica.

L’approccio vascolare è venoso femorale destro.
Il cardiologo intervenzionale accede alla vena femorale con la classica tecnica di Seldinger e raggiunge con appositi cateteri l’atrio destro.
E’ ora necessario attraversare il setto interatriale (cateterismo transettale) con uno strumento particolare, l’ago di Brockenbrough. La puntura del setto interatriale deve essere effettuata in una posizione particolare, tale da permettere una buona manovrabilità del sistema di posizionamento e di rilascio della clip, che è collegato ad un complesso sistema di controllo che rimane all’esterno del paziente.

Sotto controllo ecografico trans esofageo, la clip mitralica viene avanzata attraverso la valvola, dall’atrio sinistro nel ventricolo sinistro. Quando gli operatori ritengono che il posizionamento della clip sia corretto, essa viene chiusa e la valvola mitralica presenta due orifizi, idealmente con un risultato molto simile a quanto si ottiene con l’intervento di Alfieri.
Se la riduzione dell’insufficienza è ritenuta ottimale, la clip viene rilasciata; in caso contrario, è possibile riposizionarla più volte fino ad ottenere un risultato ottimale. In casi selezionati è anche possibile l’impianto di più clip l’una a fianco all’altra.
Il sistema di rilascio viene ritirato e l’intervento è terminato.

 

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